Quando si parla di bosco, tutti pensano alla natura, agli animali, alla pace o comunque a qualcosa da mantenere inalterato, perché oltre ad essere un serbatoio di anidride carbonica ed un luogo ricco di biodiversità animale e vegetale, è un continuo bersaglio della deforestazione nella zone tropicali .
Quello che moltissimi non sanno però, è che il bosco per esprimere al meglio tutte le sue potenzialità, anche nel sociale, deve essere mantenuto. Oggi non ci possiamo permettere di perdere i boschi, ed è proprio per questo che non possiamo lasciarli abbandonati. Nel corso della sua lunga vita un bosco deve essere aiutato nella crescita nel migliore dei modi, eliminando le piante malate o morescenti, quelle sottomesse o quelle cadute e comunque quelle piante senza un avvenire. Per fare questo occorre effettuare delle operazioni di diradamento che non fanno altro che accelerare il corso della natura, cioè se la natura effettua un ciclo completo in 400 anni (dalla nascita della pianta alla sua completa degradazione) con l'intervento umano ne occorrono 200. Questo porta alla riduzione dei tempi e quindi alla possibilità di avere legna da ardere, travature, assortimenti vari, maggiore velocità nello stock di carbonio, diminuzione del rischio d'incendio boschivo, nonché maggiore sicurezza per i fruitori, mantenendo quasi inalterato il rapporto con le comunità animali e vegetali. Proprio per quest'ultimo motivo nei parchi naturali vi sono delle specifiche aree a protezione integrale (Zona A) dove è vietata ogni tipo di attività.
I boschi urbani o comunque quelle aree boscate nei pressi di centri abitati, hanno bisogno di una maggiore cura, a causa delle innumerevoli persone che vi transitano per i più svariati motivi, e per la vicinanza alle abitazioni. Questa situazione si presenta tuttora nella pineta all'entrata di Campaegli e alle pinete adiacenti a Cervara. Queste pinete principalmente di Pino nero (Pinus nigra) sono intervallate spesso da nuclei di Douglasia (Pseudotzuga menziesi). Si tratta di specie resinose molto infiammabili. Il pericolo d'incendio è accentuato dalla numerosa quantità di piante morte a terra e dalla presenza della processionaria del pino (Traumatocampa pityocampa) che stressa le piante e ne facilità la rottura e i disseccamenti. Un bosco in queste condizioni oltre ad essere un pericolo per la popolazione locale e per i suoi fruitori non è ambientalmente accettabile. Queste pinete artificiali (rimboschimenti del dopoguerra e degli anni settanta) difatti nascono con l'intento di creare le condizioni idonee (terreno e copertura) all'istaurasi spontaneo delle specie tipiche ed autoctone del luogo, che nel nostro caso specifico sono principalmente faggio (Fagus sylvatica), aceri ( Acer obtusatum, Acer pseudoplatanus) e carpino nero (Ostrya carpinifolia). Per far questo occorrono le operazioni di diradamento sopra citate.Difatti il Consorzio di Castel Amato si sta muovendo con esperti forestali per trovare la migliore soluzione possibile alle esigenze di campaegli nel massimo rispetto dell' ambiente, per restituire la pineta ai campaegliani ed il bosco alla natura, tutto questo, sotto la super visione degli enti preposti competenti(Parco, Comunità montana e Corpo forestale). Ovviamente la situazione migliore è a costo zero, in quanto il materiale asportato (di scarsissimo valore) andrà a coprire le spese di pulizia e verrà portato dalla ditta utilizzatrice in una centrale a biomassa per la produzione alternativa di energia elettrica.