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lunedì 22 novembre 2010

ROSANERA E LE MODELLE DELLA VALLE DELL'ANIENE

 Nei giorni 7 ed 8 dicembre a Cervara di Roma ed Arsoli si terranno degli incontri turistico-culturali dedicati alla modella cervarola Rosanera, la cui misteriosa sorte e storia umana sta appassionando non pochi artisti, a partire dallo scrittore-drammaturgo Gennaro Francione che per questa musa ha voluto scrivere l'opera teatrale dal titolo " Alchimia di Rosanera ". Vogliamo prendere spunto da questa prima importante iniziativa tesa a valorizzare i fermenti artistici che a partire dall'800 hanno caratterizzato diversi paesi della valle dell'Aniene, tra cui Cervara ed Arsoli, per riconsiderare sotto un'aspetto analitico il più possibile imparziale alcune vicissitudini legate ai fenomeni di natura sociale determinati dall'arrivo di molti artisti nel territorio in oggetto,e dal grande accorrere di modelle locali presso i loro studi. Fino a pochi decenni fa ciò che pochi capivano del fenomeno di cui diciamo, era il fatto che esse modelle cercavano fortemente il riscatto da una vita senza prospettive di miglioramento, da una società maschilista opprimente dove per esse c'era pochissimo spazio, da una condizione di sottomissione a regole che non davano loro possibilità alcuna di esprimere in pieno le proprie potenzialità. Quelle donne cercavano un potere che non avevano mai avuto: potere di esserci con le loro peculiarità umane; potere di contare in qualità di membri effettivi della collettività; potere come fonte di rispetto per il notevole apporto che offrivano col loro lavoro ed intelligenza alla comunità di cui facevano parte. Posare per dei pittori provenienti dall'esterno, talvolta completamente nude, rappresentava perciò un atto di ribellione che non abbiamo remore a definire dal carattere rivoluzionario. Queste modelle erano donne disperate imprigionate dentro un modello sociale che procurava loro solitudine, dolore, sofferenza di spirito, e che impediva l'espansione dei loro sentimenti, riducendone al contempo la capacità immaginativa ed impedendone il sogno dell'autorealizzazione. In tale " prigione " esse erano inserite al servizio di logiche, dogmi e riti che mal si adattavano ai loro bisogni di crescita spirituale ed umana. Veniva loro imposta dal contesto esterno una specie di " mente " attraverso la quale avrebbero dovuto pensare,una personalità con cui avrebbero dovuto convivere, una maschera attraverso cui avrebbero dovuto guardare la vita.
Avrebbero dovuto obbedire, sotto il controllo sociale, sottomettendosi a quanto preti ed autorità pubbliche e sociali imponevano loro. Questo stato di cose non poteva durare: presto avrebbe portato ad una deflagrazione inevitabile. Diventare modelle, in quelle condizioni, assumeva un significato di acquisizione di libertà e di indipendenza. Era un atto precoce di liberazione femminile, che avrebbe posto le basi per un cambiamento graduale ma inesorabile, del ruolo e della funzione della donna all'interno della società. Il messaggio era chiaro: le donne si stavano rifiutando di essere socialmente sterili per divenire fonte di creatività vera. Non solo, dunque, generatrici di figli ma, soprattutto, produttrici di idee di progresso. Con la loro ribellione avrebbero presto trionfato sulla sofferenza perpetua cui erano state destinate, riappropriandosi decisamente dei propri diritti di persone civili e produttive. Si impadronivano finalmente della personale capacità di scegliere, progettare, immaginare il proprio futuro, pagandone tutti i costi relativi a tale conquista. Ecco su cosa bisognerebbe riflettere quando si traccia la storia di Rosanera e di tutte le altre modelle della valle dell'Aniene.

Costantius